10 giugno 2012

Come Dio Comanda

Titolo originale: Come Dio Comanda
Anno: 2009
Regia: Gabriele Salvatores
Soggetto: Niccolò Ammaniti
Sceneggiature: Ammaniti, Manzini, Salvatores
Distribuzione: 01 Distribution









Vi è mai capitato di trovarvi a mangiare un buon piatto, magari anche il vostro preferito, quando siete così raffreddati da aver perso gusto e olfatto? Non riuscite a sentire il profumo di quello che avete sotto il naso, ma a vista sembrerebbe davvero qualcosa di gustoso. Allora prendete un boccone, masticate, ne sentite la sostanza sotto i denti, contro la lingua, ma... per quanto vi sforziate, niente. Il sapore potete solo immaginarvelo ricordando le volte passate in cui avete avuto modo di mangiare quella pietanza. Ecco. E' proprio questa la sensazione che ho avuto guardando "Come Dio Comanda". Una sensazione che ti lascia sospeso, sai che c'è altro oltre quello che vedi ma, niente, non arriva il sapore.
Il film è l'immagine del filo conduttore della storia di Ammaniti, la storia di un padre che lotta contro la società per tenersi stretto il figlio, facendolo crescere secondo i propri ideali, cercando di cavarsela nonostante le mille difficoltà di un disoccupato, accompagnato da un amico non proprio sano di mente. Insomma: diventa la solita fotografia sociale tipica di molti film nostrani. 
Ma quello che lo scrittore voleva raccontare non era questa storia, bensì quella di uomini che, nel momento di dare una svolta alla propria vita o anche solo nel momento di dover prendere una decisione, si abbandonano alle braccia comode e calde della fede. Invocano Dio, lo cercano in ogni piccolo avvenimento, bisognosi di un segnale della sua volontà tanto da interpretare le casualità o la fortuna come indicazione divina della loro strada. Tutto questo nella pellicola sparisce, portandosi con sé l'uomo che convive con il senso di colpa per aver permesso la morte della propria figlia avvenuta per una sua distrazione e così, consolandosi con l'alcool, perde la moglie che si getta tra le braccia di un altro. Sparisce anche la storia dell'assistente sociale, presentato nel film come un rompipalle, ma che in realtà è un uomo che offre il suo aiuto al prossimo, un uomo che ama ma che si costringe a non sentire la donna che gli ha rubato il cuore per un voto a Dio, fatto in un momento di disperazione per un miracolo che il caso vuol che avvenga. E vengono cancellate le motivazioni di tante azioni e delle parole dette, svanisce ciò che c'è dietro gli stessi protagonisti, la loro vita, presentandoli come gli stereotipi dell'uomo nazista e duro, del ragazzino emarginato, dello scemo del paese, senza dare allo spettatore nemmeno modo di capire in che modo siano così legati. Insomma, se non avessi letto il libro, avrei capito ben poco. Come sono convinta che chi ha visto solo il film abbia capito tutt'altro di quello che la storia originaria aveva intenzione di trasmettere. 
Non voglio poi dilungarmi troppo nel parlare dell'interpretazione, della fotografia, del montaggio. Puro stile italiano. Quello stile che ha un non so che di nauseante: scene caotiche, pochi dialoghi insensati, recitazione adatta più ad una soap opera per il 70% del video, azioni immotivate...insomma...
Cos'altro devo dire per bocciare questo film?

-Miss Hyde-

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Non mi aspettavo molto dalla pellicola. Mi aspettavo qualcosa come Io non ho paura, più attinente al romanzo di Ammaniti, ma con qualche dettaglio in meno e qualche variazione in più. Beh, diamine, non mi aspettavo nemmeno così poco. Sono deluso e la maggior parte delle cose che avrei voluto dire le ha scritte la mia signora. Classico stile italiano di fare cinema, che alla fine annoia. Sono stati omessi dei dettagli fondamentali del libro, che invece sarebbero potuti essere messi al posto delle lunghe scene silenziose o falsamente emotive. Forse Ammaniti avrà messo in chiaro le cose: "fate sì che il libro sia più bello" o non so che cosa possa essere che è passato nella testa del regista. Fatto sta che opere di una certa qualità non andrebbero rovinate o denigrate in questo modo.

Dott. Jekyll

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